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Cosa cambia (in Italia) con la legge sulle unioni civili

Pubblicato da: redazione | Mer, 22 Marzo 2023 - 10:04
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L’intervento del professor Domenico Costantino, docente dell’Università degli studi di BarirnrnE’ naturale chiedersi, di fronte a una legge nuova che riconosce le unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina i rapporti tra i conviventi: cosa cambia?rnrnSupponiamo di conoscere quale sia stata l’evoluzione del diritto dalla codificazione napoleonica ai giorni nostri. E supponiamo di avere compreso quanto siano cambiate le condizioni della società, del lavoro, della comunicazione, dell’istruzione e del tempo libero nel medesimo arco di tempo. Tuttavia, anche se fossimo sicuri di possedere tutte le informazioni di cui abbiamo bisogno per capire le prospettive del futuro e per collocare questa legge nel cammino impervio dello sviluppo del sistema giuridico, difficilmente potremmo liberarci del tutto dalla reazione spontanea e inconscia di giudicare. Con ciò non voglio ripetere che troppe volte il diritto di famiglia si risolve in una serie di pettegolezzi sulle famiglie altrui. Ma voglio sottolineare una  premessa a mio avviso importante. Non si può costringere nessuno ad amare. Le disposizioni prescrittive che chiamiamo giuridiche non possono avere questi effetti, semplicemente perché l’amore non tollera manovre o manipolazioni; anzi le contraddice, e perciò è incoercibile.rnrnIn altre parole, se ci liberiamo dall’idea che la disciplina giuridica dei rapporti familiari promana dagli dei, allora diventa chiaro che ogni norma che regola la condotta dei genitori tra loro e nei riguardi dei figli è una creazione degli uomini. Da queste banali considerazioni derivano conseguenze sul piano interpretativo che non sarebbe giusto ignorare.rnrnEbbene, sappiamo e teniamo conto che la sua ratio, ovvero funzione, scopo, può essere soltanto di indurre ad amare, non di costringere ad amare. Le norme possono soltanto, e dunque devono essere interpretate ed applicate nel senso di indicare un percorso, un sentiero, una modalità; ma non possono, e dunque non devono essere interpretate ed applicate nel senso di realizzare gli interessi che prendono in considerazione.rnrnLe unioni civili e le convivenzernrnLa legge del 20 maggio 2016, n. 76, (entrerà in vigore il 05 giugno 2016) recante il titolo “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”, consta di un articolo unico che detta due distinte discipline: con la prima (commi da 1 a 35) sono regolamentate le unioni civili tra persone dello stesso sesso; con la seconda (commi da 36 a 65) è introdotta una normativa sulle convivenze di fatto.rnrnLa seconda parte della legge, dunque, è dedicata alla disciplina della convivenza di fatto, istituto che può riguardare tanto coppie eterosessuali quanto coppie omosessuali.rnrnLa norma recepisce un’istanza fondamentale, fortemente sentita da una pluralità di coppie, prive ad oggi di uno status giuridico riconosciuto e dunque di tutela.rnrnChi sono i conviventi secondo la leggernrnL’art. 1 al comma 36 definisce i conviventi di fatto come due persone maggiorenni non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da unione civile, unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale,  coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune.rnrnI diritti riconosciutirnrnSi tratta di diritti previsti dall’ordinamento penitenziario, del diritto di visita e di accesso ai dati personali in ambito sanitario; la facoltà di designare il convivente come rappresentante per l’assunzione di decisioni in materia di salute e per le scelte sulla donazione di organi; di facoltà riconosciute in materia interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno; del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito.rnrnCome possono regolare i rapporti di natura patrimoniale rnrnI conviventi possono stipulare un contratto di convivenza, attraverso il quale disciplinare i loro rapporti patrimoniali.rnrnLa norma specifica i possibili contenuti del contratto, attraverso il quale i conviventi possono fissare la comune residenza, indicare le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, scegliere il regime patrimoniale della comunione dei beni, cui si applicano le regole del codice civile.rnrnIl contratto di convivenza si risolve in caso di morte, per recesso unilaterale o per accordo tra le parti, in caso di matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente e un terzo.rnrnE se lavorano insieme?rnrnLa nuova disposizione riconosce al convivente di fatto che presti stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente il diritto di partecipazione agli utili commisurata al lavoro prestato. Tale diritto non sussiste qualora tra i conviventi esista un rapporto di società o di lavoro subordinato.rnrnSi tratta di una previsione del tutto innovativa avendo la giurisprudenza da sempre negato la possibilità di una interpretazione analogica dell’articolo 230- bis del codice civile – in quanto norma eccezionale- in tema di impresa familiare, ai casi di mera convivenza o di famiglia di fatto.rnrnChe succede quando l’idillio finiscernrnAlla cessazione della convivenza di fatto ciascuno dei due partner potrà conseguire il diritto agli alimenti. Tale diritto deve essere riconosciuto dal giudice ove il convivente versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento (ex art. 438 c.c.). Spetterà allo stesso giudice determinare la misura degli alimenti nonché la durata dell’obbligo alimentare in proporzione alla durata della convivenza.rnrnCasa familiarernrnIn caso di decesso del convivente/proprietario della casa di comune residenza, il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni. Ove nella stessa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite, il medesimo ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni.rn

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  • Docente di diritto di famiglia,  Dipartimento di Giurisprudenza, Università degli Studi di Bari 
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rndomenico.costantino@uniba.it

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