“Mi piacerebbe molto che il disegno di legge che oggi è in Parlamento sul caporalato, che inasprisce le pene per i caporali e per chi crea un sistema di tutele per questi sfruttatoi, fosse approvato. Sarebbe un bel segnale da parte del Governo per il Paese e soprattutto un riconoscimento per il lavoro fatto dal sindacato”. Pino Gesmundo, da pochi giorni segretario generale della Cgil Puglia ha le idee chiare su come si possa estirpare questo male, che coinvolge migliaia di lavoratori – spesso immigrati- e li obbliga a turni di lavoro massacranti, a cui alcuni non sopravvivono. Il segretario generale è stato ospite ieri sera del festival Il Libro Possibile di Polignano a Mare per presentare un libro scritto dalla giornalista Enrica Simonetti sul fenomeno, intitolato “Morire come schiavi”.rnrnIn attesa che il disegno di legge, attualmente al Senato, sia approvato, è stato firmato lo scorso 27 maggio dai ministri Maurizio Martina (Agricoltura), Giuliano Poletti (Lavoro) e Angelino Alfano (Interno) un protocollo per contrastare il caporalato. Il documento è stato creato in collaborazione con l’Ispettorato nazionale del Lavoro, le organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil, le associazioni di categoria Coldiretti, Cia, Copagri, Confagricoltura, e Cna, Alleanza delle Cooperative, Caritas, Libera e Croce Rossa Italiana, oltre alla Regione Basilicata, Calabria, Campania, Piemonte, Puglia e Sicilia. Un primo passo per regolare un fenomeno presente in particolare nei territori di Bari, Caserta, Foggia, Lecce, Potenza, Ragusa e Reggio Calabria.rnrn”Il mondo del lavoro oggi ha molte necessità. E il fenomeno del caporalato è figlio di un mancato controllo da parte delle istituzioni. C’è bisogno – avverte Gesmundo – di più Stato, di più intervento pubblico, di un sistema di collocamento pubblico, di una prevenzione sanitaria e più sicurezza del lavoro”.rnrnC’è poi un problema culturale di fondo, che porta all’erronea convinzione che il lavoratore straniero possa essere pagato meno degli altri e che gli si possano dare meno garanzie lavorative. “La cultura sbagliata alla base del caporalato – spiega il segretario generale – si risolve intanto iniziando a seguire il fenomeno, che oggi è in continua evoluzione. Un tempo i caporali erano i proprietari terrieri che portavano i lavoratori nei campi con i pulmini; oggi invece sono le agenzie con i pullman Gran Turismo. Non esiste più l’omino con la coppola in testa che in piazza intercettava i braccianti da far lavorare, ma sono agenzie interinali che si mascherano per svolgere questo ruolo. Se capiamo come cambia il caporalato, capiamo anche come fermarlo”.rnrnTra le ultime iniziative della Cgil per risvegliare la coscienza civica dei cittadini al fenomeno, c’è stata la manifestazione dello scorso 25 giugno, che ha visto migliaia di braccianti da tutta la regione riunirsi a Bari per gridare “no” allo sfruttamento. “Quella è stata una giornata importante – spiega Gesmundo – perché 15mila persone si sono incontrate per protestare. Il segnale più forte è stato che in quella piazza c’erano braccianti autoctoni e stranieri, sigle sindacali unitarie, istituzioni e politica. Significa che sta crescendo un sentimento forte che vuole cambiare le cose. Intercettare questi segnali e sfruttarli per cambiare le cose è un compito del sindacato”.
Gesmundo (Cgil): “Il caporalato è figlio del mancato controllo delle istituzioni”
Pubblicato da: Natale Cassano | Mer, 22 Marzo 2023 - 10:01
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