Il topos dell’amore che nasce nelle avversità e che diventa sempre più intenso quanto più rara e preziosa diventa la comunicazione. Il senso di libertà – proprio dell’adolescenza – nelle corse perdifiato della protagonista, tra le scale e i tetti dei palazzi romani. La reclusione, l’abbandono, il bisogno taciuto e disperato di amore. Fiore di Claudio Giovannesi – nelle sale dal 25 maggio e nella quinzaine di Cannes2016 – è il racconto dell’educazione sentimentale di una giovane Giulietta delle borgate romane, Daphne (Daphne Scoccia) e del suo Romeo dal doppio taglio, Josh (Josciua Algeri), entrambi ospiti di un carcere minorile per rapina.
Una palazzina per le ragazze, una palazzina per i ragazzi. La telecamera segue Daphne – un’esordiente dal volto e dalla personalità pazzeschi, trovata dal regista come nelle migliore delle mitologie sul mestiere dell’attore, mentre faceva la cameriera in un’osteria – negli ambienti claustrofobici del carcere, nelle risse, nelle attese, nella fuga. Recitato e girato con la massima naturalezza – tranne che per alcuni picchi lirici dovuto alla mano magistrale del direttore della fotografia Daniele Ciprì – Fiore convince per il suo approccio onesto e sentito nei confronti della storia, con una resa che si emancipa dal compiaciuto e voyeristico racconto di “adolescenze difficili in ambienti difficili”. Al contrario, Giovannesi tratta i suoi personaggi con grande rispetto assumendo il loro punto di vista, riuscendo così a entrare nella mente e nelle emozioni di un’adolescente e a raccontare conflitto e redenzione attraverso i suoi occhi.
La presenza di Valerio Mastrandrea – che interpreta il padre della protagonista – lascia in un primo momento spiazzati, disorientati dalla presenza di un volto riconoscibile in un cast che trova la sua forza nella spontaneità attoriale e nel vissuto autentico dei giovani interpreti. Tuttavia, la professionalità di Mastrandrea si adatta al racconto – lo stesso attore ha dichiarato di aver imparato molto dal contatto con i colleghi alle prime armi – e restituisce alla trama un personaggio credibile, responsabile di un ruolo chiave nella maturazione emotiva della protagonista.
Claudio Giovannesi – dopo il suo sguardo sui ragazzi di vita di Alì dagli occhi azzurri – presenta con Fiore un’ulteriore prova del suo talento narrativo, supportato da scelte tecniche eccellenti – sia nella già citata fotografia, sia nel montaggio pressoché perfetto – e aggiunge un tassello molto solido alla nuova e promettente generazione cinematografica italiana.