E’ successo nel 1977, nel 1983 e nel 2014. Con il passaggio dalla generosa presidenza del professor Angelo De Palo a quella di Tonino Matarrese. Poi con la guida di Vincenzo Matarrese. Adesso con la gestione di Gianluca Paparesta. I tifosi del Bari periodicamente rinnovano il sogno dell’Europa, con una società solida e in grado di investire. Da qui la concessione della massima fiducia ai vertici del club, salvo poi essere delusi dai risultati sportivi. Ecco anche l’adesione acritica ai proclami da “Champions” del potenziale nuovo socio malese Noordin Ahmad. Ai tifosi, in momenti di disorientamento come l’attuale, non resta che ricordare il palmares, la Mitropa Cup e il memorabile Bari di serie C1 (nella foto in alto), in grado di battere – a Torino in Coppa Italia – la Juve di Platini, Rossi, Tardelli e Boniek, con l’energia e la spregiudicatezza di Totò Lopez, Claudio De Tommasi, Giovanni Loseto e Gabriele Messina. O i 50 punti in A del Bari-Libidine di Ventura. Troppo poco, no?
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Essere di serie A
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“Gaucci, noi siamo di serie A”: in questa frase divenuta ormai tormentone, gridata dal bus biancorosso in un rovente dopo gara a Perugia, c’è tutta la consapevolezza del valore e dell’identità sportiva dei baresi. Lo stadio San Nicola, i numeri del pubblico sugli spalti (449.677 nelle 21 ultime gare interne), un temperamento unico degli spettatori durante le gare che infiamma i propri calciatori e intimorisce gli avversari, la dedizione riservata alla squadra durante la settimana con una costante presenza all’antistadio per gli allenamenti, sono tipici di una società della massima serie. Nei fatti, però il Bari dal 2000 ad oggi ha disputato solo tre campionati in A (tra i quali il torneo dei record con il prossimo ct azzurro Giampiero Ventura).
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La dissonanza
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Alle grandi ambizioni della piazza corrispondono risultati sportivi non sempre adeguati a causa di programmazioni incomplete, mancato investimento nel vivaio, apporto delle panchine non sempre rilevanti. Per queste cause cresce l’insoddisfazione di una tifoseria, che ha potenzialità per essere tra le prime otto italiane ma è costretta a vivere in una categoria, la cadetteria, che sente estranea e limitante.
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Il Bari precario
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Dalla stagione 2013-2014 il club vive una costante ansia da precarietà, iniziata con l’autofallimento della gestione Matarrese e proseguito con le difficoltà registrate da Paparesta nel consolidare una compagine sociale solida, fino alle recenti contrapposizioni con il socio di minoranza Giancaspro.
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All’amore eterno della curva nord e del popolo biancorosso corrisponde l’incertezza sui destini sociali, la mancanza di risorse nei momenti topici (come nello scorso mercato di gennaio), l’impossibilità di programmare con il necessario anticipo (dopo Camplone sulla panchina c’è un grande punto interrogativo), e la ridotta lucidità nell’investire su una rosa di prospettiva (per il prossimo campionato bisognerà rifondare l’organico).
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Quando una società solida con programmazione a lungo termine?
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Difficile prevedere come finirà la “guerra di Terlizzi”, combattuta nello studio del notaio Titti D’Alesio tra Paparesta e Giancaspro. L’auspicio è che si definisca un nuovo equilibrio societario (poco importa la nazionalità dei soci) e si predispongano le risorse per costruire le basi di una nuova stagione al vertice della B, per tentare lo sprint promozione. Una società lineare nel comunicare obiettivi e orizzonti sarebbe benedetta da tutti: il popolo biancorosso non vuole rimpiangere le emozioni di una memorabile stagione fallimentare, ma spera di essere protagonista di una nuova storia, stavolta virtuosa-vittoriosa.
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