ANel nord est italiano esiste una deliziosa città, dalle strane tradizioni gastronomiche, i cui abitanti vengono peraltro identificati con l’appellativo “magna gati”: Vicenza. Bomboniera palladiana silenziosamente assopita tra le colline, svela a sguardo più attento aspetti inediti e divertenti.rnrnNei boschi circostanti, coloriti cacciatori regalano alle tavole di chi le sa apprezzare spiedi dall’aspetto rinascimentale. Ogni casa di campagna che si rispetti ha una grande sala da pranzo in cui regna sovrano un camino acceso, almeno sette mesi l’anno. Talvolta ospita quello che si può definire un piatto della memoria: lo spiedo di “poenta onta e oseeti” (polenta sporca e uccelletti).rnrnI posti a sedere sono tanti, le cotture lente e pazienti, la durata del desco brevissima ma intensa.rnrnCinque stecche rotanti sono appese a un motorino. In ogni fila si alternano minuziosamente: uccelletti, paninetti di salvia e lardo, maiale, fegato e pollo. Il cuoco non lo deve abbandonare mai, per cinque lunghe ore: spennella con buon olio, che cadrà goccia dopo goccia nella sottostante leccarda – lunga teglia d’acciaio. E’ qui che, nell’ultima mezz’ora di cottura, viene sfritta la polenta.rnrnIl momento dell’apertura degli spiedi è emozionante e tanto atteso, e avviene mentre i commensali si deliziano con una fetta di sopressa, “pan biscoto” e una bollicina locale. Penso alla garganega spumantizzata di Menti, al mitico Prosecco di Frozza o al Durello di piccole cantine venete.rnrnI luminari dello spiedo si dividono tra chi lo vuole servire a prima fame e chi lo fa precedere da confortanti brodi di fagianella.rnrnPoco cambia: la cena vera dura al massimo 25 minuti, tanta è la foga di assaggiare una prelibatezza che ha pochi eguali nei ricettari italiani. Si stappano rossi potenti, molto spesso della Valpolicella: Amarone o ripasso di Corte Sant’Alda; se si ha una fortuna sfacciata il re Quintarelli. Ma anche lo straripante Merlot di Angiolino Maule o denominazioni meno conosciute fuori regione come la DOC Breganze o il Carmenere Chiesa Vecchia dei Colli Berici.rnrnLa pratica prosegue con morbido formaggio Asiago e Vezzena stagionato, per cambiar bocca.rnrnCome dessert: frittelle, crostate fatte in casa o ottime focacce dolci.rnrnLe bottiglie vuote a fine cena sono tantissime. La bevuta “maschia” in queste zone è poco conosciuta. Ricordo donne robuste e ricce dai nomi d’altri tempi, che con le gote di fuoco danno tre giri ai mariti, e non si fermano nemmeno all’interminabile battuta di rosoli, grappe e punch, mantenendo una più che discreta lucidità.rnrnLo sfogo avviene tradizionalmente grazie a barzellette sconce, pettegolezzi di quartiere, canti e schitarrate. L’apice si raggiunge con la canzone “Fanfulla da Lodi”:rnrnIl Barone Fanfulla da Lodi, condottiero di gran rinomanza, fu condotto una sera in stanza, da una donna di facili amor. Zicchepanzicchepun…rn
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rnPS: E’ d’obbligo ricordare che negli anni questa tradizione è stata regolata, attraverso norme che limitano la caccia a determinati periodi e specie animali, per evitarne l’estinzione.rnrnPPS: Per un fine settimana di visita, oltre a cercare spiedi come cani da tartufo, vi consiglio di non perdere le ville palladiane disseminate nella provincia, un concerto al meraviglioso Teatro Olimpico e una mostra alla Basilica Palladiana di Piazza dei Signori (patrimonio dell’Umanità per l’Unesco; dal 2014 titolata da Camera e Senato “monumento nazionale”). Per quanto concerne il futile, fate colazione da Sorarù, una delle più antiche e profumate pasticcerie della città. Non perdetevi lo spriz di tarda mattinata al mitico Sartea o nel sottano di una chiesa all’Osteria del Campanile, seguito dalle storiche e vicine tartine del mago Renzo. In notturna, fermatevi per un cocktail al Borsa, fascinosa casa vintage sotto i portici della basilica.