Vino naturale, biologico, biodinamico: che cos’è?rnrnQuali sono le vere differenze con la produzione convenzionale?rnrnCome districarsi nello scegliere una bottiglia?rnrnIl vino è cultura materiale dei popoli, espressione della biodiversità, narratore di territori.rnrnIl vino è massificazione del gusto, impersonale e modaiolo.rnrnIl vino è se stesso e il suo contrario.rnrnIl primo errore da non commettere è descriverlo in base all’uva da cui è prodotto: qualsiasi vitigno può produrre eccellenza e mostruosità.rnrnDovremmo smettere di andare in enoteca e al ristorante chiedendo Gewurztraminer e Negroamaro. Di dire che ci piace il Pinot Nero ma che non sopportiamo il Primitivo. Non tanto e non solo perché è sbagliato, ma soprattutto perché non è garanzia di buona bevuta.rnrnGli aspetti che fanno la differenza sono la cantina, il luogo, le scelte produttive.rnrnE l’ascolto del proprio piacere. Siamo spesso bombardati da teorie del momento, dal marketing dei colossi industriali, dal sapore costruito a tavolino. Tanto da non riuscire più a sentire che cosa ci gratifica davvero.rnrnLa naturalità migliora l’espressione di un vino, esaltandone le peculiarità; aumenta la digeribilità e abbatte i mal di testa.rnrnVino biologico vuol dire ancora troppo poco: l’uva è mediamente pulita, ma le maglie larghe della legge permettono di manipolare non poco in cantina.rnrnIl concetto di biodinamica riconduce all’antroposofo Rudolf Steiner e al suo approccio olistico (la terra e la vita che vi si sviluppa sono un tutt’uno). La biodinamica è rispetto dei cicli lunari e sovescio: rotazione colturale e utilizzo di piante fertilizzanti. Tra i tanti preparati, il più conosciuto è il “500”: si interrano per un intero inverno corni di vacca dopo aver posto al loro interno deiezioni fresche; in primavera – quando il letame si trasforma in nobile humus – si svuotano in appositi contenitori rivestiti internamente di rame e il preparato viene utilizzato per due anni come fertilizzante. L’idea è quella di ridare vita e energia alla terra, tematica criticamente contemporanea, visto il diffondersi dello sfruttamento intensivo e chimico dei suoli. L’approccio garantisce espressione di biodiversità e vitalità nella zolla e nel bicchiere. Purché la biodinamica non sia approccio di produttori approssimativi che inseguono una nuova tendenza di consumo.rnrnNon ci facciamo mancare nemmeno la novità del vino vegano. Si può definire tale un vino in cui non sia presente alcun prodotto di origine animale, prime fra tutte l’albumina e la caseina in veste di chiarificanti.rnrnMa il problema di fondo è come faccia il consumatore a capire quali vini appartengano a quale categoria. Non sempre i produttori sposano l’idea della certificazione. Non sempre l’ente che certifica ha fatto un buon lavoro. E quindi ci sono vini buonissimi e naturali sulla cui etichetta non è scritto nulla. Ci sono anche vini mediocri e un po’ puzzolenti sulla cui etichetta c’è il marchio Demeter (biodinamico). Ci sono brutture biologiche, non sensi vegani e ottimi convenzionali.rnrnInsomma, documentatevi su chi produce, se ne avete il tempo. Leggete storie di produzioni e produttori, andate a trovarli, bevete in compagnia e confrontatevi a bottiglia coperta. L’approccio curioso e privo di pregiudizi conservatori è il primo aspetto a fare la differenza. Ma se il tempo non c’è, affidatevi a enotecari o ristoratori che meritino la vostra fiducia, facendovi trasportare verso la scoperta e il divertimento nel gusto.
Misfatti di…Vini – Non sono tutti uguali
Pubblicato da: Francesca Mosele | Mer, 22 Marzo 2023 - 09:24
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