BARI – Altro che “serate eleganti” come qualche testimone le ha etichettate, secondo i giudici del Tribunale di Bari, le indagini sulle escort portate da Gianpaolo Tarantini nelle residenze di Silvio Berlusconi, hanno evidenziato che si trattava di “cene (poco) eleganti”. Feste che vedevano “la costante, imprescindibile presenza di avvenenti, provocanti, disinvolte spregiudicate, disinibite e soprattutto giovanissime donne” che volevano dare “una svolta alle loro (talvolta, a dir poco modeste) vite”. E’ quanto scrivono i giudici di primo grado nelle motivazioni della sentenza che ha portato alla condanna di 4 imputati: Gianpaolo Tarantini, Sabina Began, Peter Faraone e Massimiliano Verdoscia.
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L’indagine della Procura di Bari hanno tratteggiato “le abitudini di vita e i riprensibili costumi extraistituzionali” dell’allora premier, “protagonista delle cene (poco) eleganti”. Secondo i giudici della seconda sezione penale (presidente Luigi Forleo), le ragazze che partecipavano alle feste organizzate “assiduamente, a volte freneticamente” nelle residenze di Silvio Berlusconi lo facevano, “nella maggior parte dei casi, nella esclusiva prospettiva di conseguire munifiche elargizioni economiche o altri vantaggi personali o addirittura – in modo ancor più lungimirante – di dare una svolta alle loro (talvolta, a dir poco modeste) vite”.
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Le ragazze – secondo i giudici – erano “animate dalla speranza di guadagnare le sue attenzioni (di Berlusconi) e di essere elette per trascorrere la notte in sua compagnia, consentendo a soddisfarne anche le più perverse pulsioni erotiche addirittura attraverso la consumazione di rapporti saffici”. Il processo escort si è concluso il 13 novembre 2015.
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Gianpaolo Tarantini, invece, portando le ragazze alle “cene poco eleganti” ha voluto far leva sulle “debolezze sessuali” dell’ex Cav per “carpirne dapprima la confidenza, quindi pian piano la gratitudine e riconoscenza per quella discreta e volutamente non troppo ostentata opera di continua ricerca di donne rispondenti ad un determinato cliché da porre nella sua disponibilità per allietarne le serate ed appagarne la libidine quando e come lo desiderasse”, si legge nella sentenza.