“Allora, oggi interroghiamo!”rnrnTutti abbiamo passato almeno una volta nella vita questo tragico momento. L’insegnante entra in classe, apre il registro e inizia a scrutare i suoi alunni per scegliere il “fortunato”. Ma di tutti gli alunni quanti ricambiano lo sguardo? Solitamente c’è chi guarda il libro, chi il banco. Può capitare che ci sia qualcuno che, avendo studiato alla perfezione (o volendo far credere di averlo fatto), inizi a fissare l’insegnante dritto negli occhi. Se registrassimo i suoni di questa situazione non sentiremmo praticamente nulla, ma in realtà nella diversità degli sguardi si stanno esprimendo un sacco di emozioni e di pensieri. Chi guarda il banco potrebbe provare una paura intensa perché non ha studiato, chi si guarda intorno potrebbe cercare di capire se qualcuno andrà volontariamente all’interrogazione, chi guarda negli occhi l’insegnante potrebbe ostentare sicurezza per la sua preparazione e quindi chiedere implicitamente di essere interrogato.rnrnÈ proprio il caso di dirlo: a volte il silenzio vale più di mille parole. Non si parla solo con le parole, anzi, all’interno di un dialogo c’è molto di più di quello che percepiscono le orecchie. Tutto ciò che viene comunicato attraverso le non parole fa parte del metalinguaggio, un linguaggio costituito da tutti quei segnali non verbali (mimiche, posture, movimenti, espressioni del viso, ecc.) che passano attraverso il corpo, confermando o disconfermando ciò che si dice.rnrnSe abbiamo il presentimento che qualcuno possa mentirci pretendiamo di guardarlo negli occhi, per capire se è sincero o meno. Perché, per quanto possano essere importanti le parole, quando ciò che si dice è in conflitto con ciò che si esprime con il linguaggio meta verbale, è proprio quest’ ultimo ad avere la meglio e a sembrare più autentico. Gli occhi danno espressività e sono quelli che sfuggono di più al controllo e non solo tramite lacrime o sorrisi, ed è per questo che si usa dire “gli occhi sono lo specchio dell’anima”. Le pupille infatti regolano la loro dilatazione o contrazione non solo in base alla quantità di luce, ma anche in base a quanto siamo interessati o meno ad una persona. In particolare è stato trovato che le pupille si dilatano in caso di attrazione sessuale e si restringono nei momenti di rabbia.rnrnI nostri occhi non si limitano soltanto a guarda ciò che ci sta intorno, ma tramite il contatto visivo imponiamo anche delle volontà sulla distanza e intimità della relazione che vogliamo affrontare. Se siamo in un bar e di fronte a noi c’è una persona che suscita il nostro interesse è probabile che la guarderemo a lungo e cercheremo uno scambio di sguardi. Certo, se insistiamo troppo con gli sguardi potremmo avere l’effetto contrario, intimidatorio. Allo stesso modo se lo sguardo viene ricambiato per lungo tempo potremmo ipotizzare di essere interessanti per l’altra persona. Al contrario l’evitamento dello sguardo potrebbe simboleggiare indifferenza o disinteresse.rnrnGuardare negli occhi può essere un gesto tanto naturale quanto estremamente intimo. I ricercatori hanno scoperto che quando le persone sono impegnate in una conversazione interessante, i loro occhi rimangono focalizzati sull’interlocutore per l’80% del tempo, anche se non esclusivamente sugli occhi.rnrnCosa succederebbe se guardassimo negli occhi uno sconosciuto per diverso tempo? Potremmo provare imbarazzo, paura, noia.. Un’occasione per sperimentarlo potrebbe essere il 14 maggio a Bari, partecipando all’evento “Eye contact”: ci si guarda negli occhi per un minuto, in silenzio. E poi? Questo non si sa!
Parlare senza parlare: l’eye contact
Pubblicato da: dott.ssa Federica Dileone | Mer, 22 Marzo 2023 - 09:20
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