BARI – “Ciao Tina, non si è presentato nessuno, c’è stato tempo, come mai?”. E’ solo uno dei tanti messaggi trasmessi attraverso la chat di Whatsapp da 7 aspiranti avvocati ad Annunziata Laquale, l’ex funzionaria dell’Università di Bari arrestata e posta ai domiciliari stamattina nell’ambito dell’inchiesta dei carabinieri e della Procura sull’esame per l’abilitazione alla professione forense della sessione 2014-2015. Nell’ordinanza di custodia cautelare sono riportate centinaia di dialoghi: il sistema prevedeva che i ragazzi, dopo essere andati in bagno, fotografassero le tracce e attraverso WhatsApp le trasmettessero all’esterno ad “un gruppo di lavoro” composto da 5 persone. Questo gruppo di lavoro elaborava la prova, trovava le soluzioni e, poi, attraverso un altro complice, un segretario di commissione d’esame, le consegnava ai candidati in attesa.
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Le intercettazioni
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E’ il 16 dicembre del 2014, i ragazzi sono già nei padiglioni della Fiera del Levante, la prova è cominciata da qualche ora e gli aspiranti avvocati attendono con trepidazione la consegna della busta con la soluzione. Busta che, però, tarda ad arrivare e qualcuno dei candidati va in ansia: “Ti prego aiutami”, implora una ragazza mentre si trova nascosta in bagno. Trascorrono i minuti e aumenta la paura. “L’orario di consegna è alle 18,55”, avvisa l’aspirante avvocatessa. “Tornatene a posto e vedi ogni tanto il cell se ho bisogno di qualcosa”, le viene risposto. Ma la candidata insiste: “Tina fammelo usare il meno possibile ti prego (il telefono, ndr), e la persona che mi deve avvicinare non la conoscono ancora”. “Torna a posto, la persona se la vede lei”, è la replica. Il botta e risposta prosegue: “Ma si avvicinerà, vero?”, “Certo”. Anche grazie a questi frenetici scambi, gli investigatori baresi hanno potuto ricostruire le tre giornate d’esame e i continui contatti fra il “gruppo di lavoro” e i candidati.
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La traccia dei soldi
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I carabinieri hanno trovato anche indizi che fanno ipotizzare che, almeno in un caso, in cambio delle soluzioni delle prove sia stato promesso danaro. “Mediante un’articolata rete di rapporti interpersonali e di comunicazioni telefoniche e telematiche a mezzo whatsapp – scrive nell’ordinanza di custodia cautelare il gip del Tribunale barese, Sergio Di Paola – che consentiva al gruppo di lavoro di redigere, anche attraverso la collocazione di soggetti qualificati esperti in materie giuridiche, gli elaborati in esame, che, illecitamente introdotti nei padiglioni della Fiera del Levante ove si svolgevano le prove scritte, erano consegnati ai candidati coinvolti nella vicenda delittuosa”. Il “gruppo di lavoro”, così come lo definisce il giudice, era riunito nell’appartamento dell’avvocato Giuseppe Colella, “adibito a centrale operativa”, sostiene la Procura.