Speranza e una fascio di luce dopo il nero del tunnel della querelle internazionale in corso dal febbraio 2012: ecco le novità che emergono dalla due giorni di udienza in cui Italia e India si sono confrontate a l’Aja davanti ai magistrati del Tribunale arbitrale per discutere l’istanza della liberazione del marò Salvatore Girone per tutta la durata del procedimento davanti alla corte olandese
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Dopo due giorni di confronto davanti al Tribunale arbitrale de l’Aja, l’India – pur ribadendo la propria netta contrarietà all’istanza per il rimpatrio del marò Salvatore Girone e alla permanenza in Italia di Massimiliano Latorre fino alla fine della procedura – ha delineato le condizioni per accogliere senza polemiche un eventuale orientamento favorevole dei cinque giudici della corte alla richiesta italiana: la exit strategy passa attraverso il riconoscimento di garanzie “solenni” da parte di Palazzo Chigi affinché i due fucilieri siano rimandati a Nuova Delhi per un eventuale processo, nel caso sia riconosciuta la giurisdizione del paese asiatico.
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I giudici hanno domandato ad Neeru Chadha, agente del governo Modi nel procedimento, cosa potesse essere “accettabile” per l’India. E la risposta è stata lapidaria: “Sono necessarie assicurazioni per il possibile ritorno in India dei marò, se verrà riconosciuta la nostra giurisdizione”. “Il Tribunale arbitrale stabilisca le garanzie”, ha sintetizzato con realismo Chadha, pur ribadendo la propria ostilità ad ogni concessione di misure provvisorie, posizione sostenuta nel precedente intervento davanti ai magistrati con la surreale considerazione che Girone vivesse “bene” nella capitale indiana, pur costretto all’obbligo di firma nel commissariato locale.
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Nel corso dell’udienza di ieri, non a caso, più volte gli interventi italiani sono stati calibrati sulla definizione di ulteriori elementi di rafforzamento della richiesta avanzata. L’ambasciatore Francesco Azzarello ha ribadito che l’Italia rispetterà “qualsiasi decisione prenderà il Tribunale arbitrale” sulla libertà di Girone. La tesi italiana, del resto, è fondata su motivazioni legate alla violazione dei diritti umani che subirebbe il fuciliere, privato della libertà e lontano dalla famiglia dal 2013, senza che gli sia stato formulato alcun capo d’imputazione dalla Suprema corte di Nuova Delhi: nei fatti è considerato un “ostaggio” dalla controparte.
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Ora si dovrà attendere un mese per il pronunciamento della corte de l’Aja: saranno altre quattro settimane di passione per i due fucilieri, Girone a Nuova Delhi, e Massimiliano Latorre a Taranto, e per i loro famigliari, fortemente provati da una querelle che si perpetua dal lontano febbraio 2012. Il 30 aprile scade, infine, il permesso per cure sanitarie concesso dall’India a Massimiliano Latorre.
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@waldganger2000
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