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Dal 17 marzo è nelle sale italiane Brooklyn di John Crowley, una delle sorprese degli Oscar 2016, durante i quali ha collezionato una serie di prestigiose nomination qual Miglior sceneggiatura non originale allo scrittore Nick Hornby e Miglior attrice protagonista alla giovane e bravissima Saoirse Ronan (il cui talento è già stato riconosciuto nel 2007 con la candidatura a Miglior Attrice non protagonista per Espiazione di Joe Wright) e Miglior film.
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Brooklyn è la storia di Eilis Lacey (Saoirse Ronan) che lascia casa per inseguire il sogno di una vita migliore a New York. La ragazza viene dalla verde Irlanda e, come tanti e tante prima di lei, fugge da un’Europa impoverita dalle guerre per la ricca e promettente America, patria indiscussa delle opportunità.
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John Crowley ci racconta un paradigma di viaggio e di scoperta di sé attraverso gli occhi di una giovane sensibile e capace, onesta e intraprendente, bella, in buona salute e di sani principi: la migrante perfetta per un’America che dà a tutti coloro che sanno prendere.
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Le tinte con cui è dipinto il quadro della vita di Eilis cambiano sul suo volto e nel suo ambiente a seconda del grado di consapevolezza che la ragazza conquista: da un’esistenza grigia e sciatta nella propria patria ai rossetti e alle acconciature chic della New York degli anni Cinquanta per poi tornare in patria nel rimpianto di colori autentici e di lande solitarie.
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La separazione dai propri affetti è raccontata dal regista e dall’interpretazione della protagonista in maniera universale, descrivendo un percorso di maturazione umana comune a tutti quelli che, per un motivo o per un altro, sono costretti a lasciare la propria casa. Si è pronti davvero a iniziare da zero in un posto senza ricordi e senza certezze o si tornerà dove si è nati, come se ogni tentativo di cambiamento fosse solo un’assurda fantasia?
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Brooklyn dà a queste domande la sua risposta con una narrativa che, incredibilmente, non scivola mai nella retorica. Un applauso alla regia che è riuscita a parlare di uno stereotipo senza perdere di credibilità e che ha creato un legame di empatia tra lo spettatore e la protagonista che riesce a tenere alta l’attenzione e il coinvolgimento in un crescendo esponenziale per tutta la durata del film.
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La storia d’amore centrale nella narrazione merita una nota a parte: la semplicità e la purezza dei due protagonisti sa di un’altra epoca, per noi ormai diventata esotica, ma che ricorda tanto i racconti dei nostri nonni.
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Brooklyn parla di un’altra generazione, ricordandoci però che il senso della casa, dell’amore e della felicità sono urgenze che l’uomo ha sempre dovuto affrontare, tanto allora quanto adesso.
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