Sono ore di paura. L’ennesimo attentato, stavolta a Bruxelles. Ancora bombe, ancora morti e feriti. Eppure a Bari, nella città dell’accoglienza, si registra un segnale in controtendenza: si fa strada il progetto di costruzione della più grande moschea del Sud Italia. Il capoluogo pugliese scommette sull’assolvere il ruolo di città simbolo dell’incontro tra popoli e fedi diverse.
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La storia si ripete. Un tempo i nemici avevano un altro nome. Erano gli “albanesi”. Colpevoli di qualsiasi cosa. Furti, violenze sulle donne, spaccio di droga. Sembrava che prima del loro arrivo l’Italia non conoscesse crimini. Anche allora i baresi furono in controtendenza e nell’agosto del 1991 ne accolsero migliaia, sbarcati con la nave di zucchero Vlora. Fu una gara di solidarietà, ognuno fece del proprio meglio per dare una mano a un popolo fuggito dalla disperazione. Questa è l’anima di Bari.
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Non deve stupire che Bari sia pronta a una sfida più grande: accogliere la nascita di una moschea a pochi passi dal centro della città. Questa è la risposta a chi pensa che il terrorismo si combatta con la tolleranza zero, non rispettando le libertà religiose in nome di una assurda islamofobia. Perché nessuno può credere che davvero le bombe esplose portino il nome di Allah. A Bari questa propaganda non funziona. Qui è ancora possibile pregare insieme, un Dio che ha solo un nome diverso ma è sinonimo di pace e tolleranza.