Presentati a noi e ai nostri lettori in poche parole, in pochi caratteri direbbe Twitter, usa insomma le prime che ti vengono in mente per definirti.
rn
Sono una piccola, preziosa contadina (imprenditrice agricola?) un po’ atipica, abbastanza controcorrente, da Nord a Sud e dalla grande città tentacolare e le vetrine scintillanti ai silenzi della campagna e la voce della natura più incontaminata; un po’ naif, tra scogli e terra rossa, abbracciata dalla macchia mediterranea e con una folle passione, da sola ed unica in tutto il Mezzogiorno mi occupo nel basso Salento (a Tricase porto e a Marittima) di valorizzazione del cactus opunia dillenii: tento cioè di recuperare dal fuoco e dal decespugliatore di molti contadini, di coltivare in sinergia con la natura circostante senza ausilio di macchine, diserbanti, pesticidi o concimi di sintesi e di dare nuova e dignitosa visibilità ad un piccolo fico d’India spinosissimo e dallo spettacolare rosso magenta che fruttifica in pieno inverno; pressoché sconosciuto dagli abitanti locali se non a scopo ornamentale, invece, rappresenta per bellezza, insistenza, tipicità e ricchezza in elementi nutrizionali una “chicca” per questo lembo di Puglia affacciato sui 2 mari.
rn
L’opunzia di dillenius arrivando dal lontano Centro America si è oramai naturalizzata in alcune località costiere o di più difficile raggiungimento come rupi calcarenitiche isolate e declivi assai scoscesi ed esprime una forma di biodiversità bella, pittoresca, interessante e utile.
rn
Ti senti un predestinato o quello che adesso stai facendo è frutto essenzialmente del caso?
rn
Entrambe le cose.
rn
Dove e quando è cominciata la tua avventura?
rn
Dal primo giorno del mio arrivo in salento, quando con grande stupore ho cominciato a notare lungo i caselli ferroviari sulle strade di campagna o nelle ville la presenza del piccolo fico d’india del quale nessun abitante locale sapeva raccontarmi il nome corretto né le sue peculiarità e utilizzi. L’impossibilità di condividere la gioia per un cactus conosciuto e apprezzato in Mexico tanti anni prima e ritrovato con sorpresa su queste sponde ma “incompreso” han fatto sì che cominciassi a sperimentarne il gusto, colore meraviglioso e consistenza del frutto in vari modi.
rn
Raccontaci la tua missione, il tuo obiettivo finale, lo scopo che ti spinge a svegliarti e a fare quello che fai.
rn
Sentirmi dire dai locali che per loro essendo forestiera non capivo nulla di fichi d’india e che questo piccolo fico magenta, invece non era commestibile anzi addirittura tossico o un classico fico d’india venuto su male perché inselvatichito per le dimensioni ridotte di pala e frutto o perché il sapore era un po’ acidulo, ritrovarlo quaggiù spesso fatto a pezzi in discarica, violentato con diserbante e fuoco o estirpato han fatto sì che decidessi da subito quale fosse il senso del mio viaggio di esploratrice in salento rendendomi utile, sfidare i tabù i pregiudizi e battermi per la salvaguardia della piccola opunzia “incompresa”.
rn
Assegnando delle percentuali, secondo te, per riuscire nella vita, quanto conta la fortuna, quanto la bravura e quanto la caparbietà?
rn
Fortuna il 20%, bravura 40%, caparbietà 40%.
rn
Sei un fanatico del ”fast” o il tuo stile è più orientato verso lo ”slow”?
rn
SLOW…assolutamente!
rn
Chiudi gli occhi e visualizza un’istantanea in particolare, un momento, un attimo, una situazione nella quale hai pensato ”caz*o ce la posso fare sul serio”.
rn
Il momento in cui, dopo tanti esperimenti e anni di ricerche per crescere e migliorare studiando il piccolo fico d’india, compresi, che la bellezza del colore del frutto vivo, potevo offrirla anche nel prodotto trasformato e la forza del colore si sposava a meraviglia con un gusto nuovo, sorprendente e originale; il momento in cui divenni consapevole che era tanto apprezzato all’estero diventando un prodotto tipico e ricercato delle isole Canarie e che qui la gente pur ritrovandoselo dappertutto non gli riconosceva nessun merito; il momento in cui giocando e sperimentando con un fico spinoso appena raccolto, ebbrezza provata tanti anni prima nello Yucatan in Messico nel deliziarmi ad un cocktail magenta margarita, mi persi ad anni di distanza con un tuffo emozionale tra i rossi più belli del mondo nel gusto ritrovato e sorprendente di un frutto d’opunzia che sa anche di ribes rosso, di uva, di delicata amarena con profumo di rose.
rn
Come tutti, presumo, avrai affrontato anche tu nel tuo ambito lavorativo momenti di scoramento, che ne so, con qualche collega, con un socio, o con l’opprimente e macchinoso titano della burocrazia. Come ne sei venuto fuori?
rn
Non ne sono venuta fuori e fuggirei lontano per questo.
rn
Woody Allen diceva che l’arte del cinema si ispira indubbiamente alla vita. La tua arte, invece, a cosa si ispira?
rn
Alla vita, alla forza del colore e all’importanza della natura più incontaminata!
rn
Dunque, non solo in Messico, in Texas, alle isole Canarie, in Tunisia o Marocco ma ora anche in Italia, in Puglia!