BARI – Con la costituzione di parte civile dei familiari di Paola Labriola, la psichiatra barese uccisa il 4 settembre 2013, e la citazione della Asl di Bari come responsabile civile, è cominciata l’udienza preliminare nei confronti di sei persone, tra le quali l’ex direttore generale della Asl Domenico Colasanto. Paola Labriola fu colpita a morte con 70 coltellate da un paziente mentre era al lavoro nel Centro di Salute Mentale di via Tenente Casale a Bari. Oltre al procedimento nei confronti dell’assassino, il 40enne Vincenzo Poliseno già condannato in primo grado a 30 anni di reclusione, la Procura di Bari ha ipotizzato responsabilità nei confronti della Asl per la carenza di dispositivi di sicurezza nella struttura dove lavorava la vittima.
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Colasanto risponde infatti di morte come conseguenza di altro reato, omissione di atti d’ufficio e induzione indebita a dare o promettere utilità. In concorso con l’ex dg rispondono di induzione indebita anche l’ex segretario di Colasanto, Antonio Ciocia e un altro dipendente della Asl di Bari, Giorgio Saponaro, per aver “pressato con insistenza” il funzionario Asl Alberto Gallo nella predisposizione dei falsi Dvr (Documenti di valutazione dei rischi). Accusati di falso materiale in atto pubblico lo stesso Gallo e altri due funzionari, Baldassarre Lucarelli e Pasquale Bianco. Nell’udienza preliminare i familiari della dottoressa Labriola si sono costituiti parte civile nei confronti di Colasanto, mentre è stata rigettata la richiesta di costituzione di parte civile dell’Ordine dei Medici. Ammessa la citazione della Asl come responsabile civile, che si costituirà alla prossima udienza del 24 maggio.