La nostra società è una società fortemente discriminante non solo nei riguardi di piccoli gruppi sociali ma anche nei confronti della metà della popolazione mondiale: le donne.
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L’8 marzo ha lo scopo di ricordare le lotte sociali, politiche ed economiche che le donne hanno affrontato, e continuano ad affrontare, per ridurre questa discriminazione. Tale manifestazione si è tenuta negli Stati Uniti per la prima volta nel 1908 e in Italia nel 1922. Di strada se n’è fatta, ma siamo ancora all’inizio del percorso.
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Basti pensare alla differenza di stipendio nei due sessi. Non parliamo solo di donne “comuni” che rientrano in fasce economiche medio-basse. Recentemente, per esempio, l’attrice statunitense, nonché premio oscar, Jennifer Lawrence ha criticato la differenza di trattamento e di stipendi tra attori e attrici hollywoodiani, dichiarando di essere stata pagata meno dei colleghi maschi per il film American Hustle, del 2013. Come lei anche altre famosissime attrici come Gwyneth Paltrow, Emma Watson, Meryl Streep ed Emma Thompson hanno criticato il maschilismo di Hollywood: stipendi inferiori rispetto ai colleghi, minor lavoro una volta raggiunta una certa età e il fatto che nei film uomini cinquantenni abbiano spesso per compagne donne ventenni o poco più.
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Questa disparità non è da sminuire o sottovalutare, così come non sono da sottovalutare le conseguenze. Uno studio statunitense ha infatti concluso che l’alto tasso di depressione nelle donne potrebbe essere correlato ad una differenza di salario rispetto agli uomini. Questo succede perché questa disuguaglianza di genere crea una disparità anche nella percezione di sé, di ciò che la donna ritiene di meritare, con conseguenze in termini di problemi psicosociali.
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Se una donna ha gli stessi titoli di un uomo, lavora quantitativamente e qualitativamente quanto un uomo e poi ha un compenso decisamente inferiore a quello di un uomo, interiorizzerà questa esperienza negativa che la farà auto percepire come inferiore e non meritevole rispetto al sesso opposto ed è questo che può aumentare il rischio di depressione o ansia.
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L’altro aspetto direttamente correlato sta nel fatto che se ci sono delle differenze di genere nelle depressione e nell’ansia non è unicamente a causa di fattori biologici, ma è anche a causa di differenze rilevabili a livello sociale.
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Una maggiore attenzione, possibilmente con conseguente riduzione, a questi meccanismi potrebbe essere importante non solo per una questione di principio, ma anche per aiutarci a capire a cosa sono dovute determinate patologie e disagi e come intervenire per ridurle ed eliminarle.