Bari ore 14, si inizia. I soldati della Provvidenza sono giunti. Sono 50 e per decisione del Prefetto, Carmela Pagano, del sindaco, Antonio Decaro, e dei vertici delle Forze dell’ordine saranno concentrati nel centro città: piazza Umberto, piazza Moro, piazza Cesare Battisti e Bari Vecchia. Obiettivo? “Liberare” poliziotti e carabinieri che potranno essere impegnati in altre zone della città e in attività investigative.
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I soldati della Provvidenza dunque saranno gli angeli custodi del centro storico e del murattiano. Una pattuglia della Volante coadiuverà tre militari a bordo di una automontata con particolare attenzione per l’area tra la Basilica di San Nicola e la Cattedrale. Stessa formazione – ma a turni alterni – nelle alter piazze.
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I soldati della Provvidenza – mandati dal ministro Angelino Alfano – sono giunti a Bari per fermare la lunga scia di sangue che la guerra tra clan sta alimentando. Alla terza sparatoria in tre settimane, il sindaco lo aveva annunciato: “Vogliamo i militari”. Detto, fatto. Sono arrivati e con il loro presidio in centro, lasceranno liberi carabinieri e polizia di andare a caccia di criminali.
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Sono tutti militari della Brigata Pinerolo, unità regionale pugliese dell’esercito, reduci dalla missione delle Nazioni Unite in Libano. Ex caschi blu, abituati alla guerra, quindi, impiegati come sentinelle delle piazze.
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Siamo in una botte di ferro? Un occhio sul capoluogo partenopeo ci farebbe pensare di no. Certo Bari non è Napoli, e la camorra – con tutto il rispetto per i nostri delinquenti – è un’altra storia, con un differente numero di morti e una attività criminale assai più complessa. Il caso partenopeo è di scuola: i militari sono almeno riusciti a placare, se non la camorra, i grandi “professionisti” dello scippo in salsa nazionale? La risposta è sempre negative. Lo dimostra la rapina dell’orologio del povero Lorenzo Insigne, punta di diamante del Napoli Calcio, minacciato con una pistola in pieno centro.
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Certo Bari non è Napoli. E Maniero non è Insigne. Ma gli scippatori, quelli sì che sono gli stessi. Ormai professionisti almeno quanto i cugini napoletani. Speriamo bene per Maniero, per i militari. E per tutti noi.