Potrebbe essere racchiusa in questa frase la sindrome di Stendhal, nota anche come sindrome di Firenze. “Ero in una sorta di estasi per il solo pensiero di essere a Firenze, vicino ai grandi uomini di cui potevo vedere le tombe. Assorbito nella contemplazione della bellezza sublime ho raggiunto il punto in cui si incontrano le sensazioni celesti. Tutto ha parlato così vividamente alla mia anima. Ah, se potessi solo dimenticare. Il cuore palpitava. La vita si è allontanata da me. Ho camminato con la paura di cadere”.
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Queste alcune delle parole di Henry-Marie Beyle, autore francese meglio conosciuto come “Stendhal”, quando ha visitato la cattedrale di Santa Croce a Firenze. Non è stato l’unico. Dopo di lui centinaia di casi di persone che vivevano gli stessi effetti, in particolare ammirando la Galleria degli Uffizi finché, nel 1979, dopo uno studio su 106 casi simili ricoverati in ospedale a Firenze, la Dott.ssa Graziella Magherini, psichiatra psicoanalista, introduce il concetto di Sindrome di Stendhal definendola una “crisi complessa che colpisce le persone suscettibili alle emozioni” quando sono al cospetto di opere di straordinaria bellezza. I sintomi associati sono dispnea, attacchi di panico, svenimento, tachicardia, vertigini, allucinazioni, psicosi temporanea. Nonostante le centinaia di casi documentati tale sindrome non è (ancora) classificata all’interno del DSM, ma la nozione di “impazzire ammirando l’arte” è ormai entrata a far parte della cultura popolare, ispirando anche Dario Argento nella sceneggiatura del suo film “La sindrome di Stendhal” uscito nel 1996.
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DSM: è il Manuale Diagnostico e statistico dei disturbi mentali, ovvero il sistema di classificazione internazionale dei disturbi mentali utilizzato da medici, psichiatri e psicologi in tutto il mondo.