Lavoravano 16 ore al giorno e alloggiavano in un casolare in campagna, in mezzo a topi e maiali, senza acqua corrente, elettricità e servizi igienici. Cinque bracciati romeni vivevano in condizioni di semireclusione, senza il permesso di uscire neanche per necessità mediche o per fare la spesa, sotto il ricatto perenne della mancanza di documenti, ritenuti indebitamente dal loro aguzzino. Dopo quasi tre mesi di sfruttamento, i braccianti si sono ribellati e sono stati immediatamente cacciati dal “padrone”, senza percepire la loro paga. Questa è la storia raccontata dai migranti alla Flai Cgil Puglia, che li ha supportati nella denuncia fatta – poche settimane fa – ai carabinieri.
Tramite il sindacato, i cinque braccianti si sono rivolti alle istituzioni: “Risponde il sindaco di Taranto – racconta Paolo Peluso, segretario generale della Cgil di Taranto – che riesce inizialmente a far accogliere questi uomini e queste donne all’interno di una struttura di assistenza che si occupa di povertà e emarginazione. Purtroppo in seguito non riuscendo ad ottenere risposte da altri decidiamo di occuparci direttamente noi di questa vicenda e ora questi cittadini romeni sono seguiti dalla Cgil in un luogo protetto e sicuro”.
Lo sfruttamento nelle campagne pugliesi
Lo sfruttamento dei lavoratori – spesso stranieri – è diventato quasi una norma, su cui regge una voce consistente del settore agro-alimentare pugliese, cresciuto negli ultimi anni del 6 per cento, con un valore medio di 632 milioni di euro. “C’è bisogno di un atteggiamento diverso – aggiunge Pino Gesmundo, segretario generale Cgil Puglia – più collaborativo da parte di tutti. Istituzioni, enti di controllo, rappresentanze del mondo del lavoro, ma anche associazioni datoriali che devono tenere al buon nome dell’agricoltura pugliese, quella che fa economia sana e che deve evitare che ci sia una degenerazione sul mercato dei prodotti agricoli di qualità che pure questa regione è in grado di produrre. E invece assistiamo a continue dichiarazioni di esponenti delle associazioni datoriali che tendono a sminuire la gravità e la diffusione dei fenomeni di sfruttamento”.
Le segnalazioni degli abusi, tuttavia, restituiscono in parte il fenomeno del caporalato nelle campagne pugliesi: nel mese di febbraio, è arrivata in Cgil la denuncia da parte di una donna che era stata accompagnata in banca dal presunto titolare dell’azienda per cui lavorava, per cambiare un assegno. Una volta riscosso il credito di 1670 euro, la donna – però- era stata costretta a restituire il contante. La vicenda, avvenuta a Ginosa, è stata denunciata dal segretario generale della Flai Cgil Puglia, Antonio Gagliardi. “La stessa donna prosegue Gagliardi – a gennaio era svenuta in aperta campagna e per quattro ore è rimasta per terra senza ottenere soccorso”.
Per incrementare il monitoraggio della situazione, la Cgil Puglia ha proposto l’istituzione di un tavolo permanente “Che si occupi di applicare la legge 199 – spiega Gesmundo – ma non solo, che crei vincoli e maggiore controllo attorno ad un fenomeno che oggi denunciamo a Taranto ma che riguarda tutta la Puglia”.