BARI – L’inchiesta sull’assunzione all’Amiu del boss Francesco Diomede ha i primi indagati. Il pm della Dda, Roberto Rossi, ha iscritto nel suo registro il nome del presidente dell’azienda municipalizzata, Gianfranco Grandaliano, e quello di una funzionaria, la cui posizione però va verso l’archiviazione. Entrambi sono stati già interrogati dal pubblico ministero, ma Grandaliano sarà sentito nuovamente domani 24 febbraio, questa volta in veste di persona sottoposta ad indagini. L’accusa ipotizzata è di falso in atto pubblico e truffa aggravata dall’articolo 7, la vicenda è emersa durante un’inchiesta parallela della squadra mobile sulle estorsioni imposte ai commercianti al rione Carrassi dal clan Diomede. Sono state le stesse vittime della cosca a far notare agli inquirenti che il loro aguzzino, dopo essere tornato in libertà, aveva lavorato per un periodo di otto mesi alle dipendenze dell’Amiu, in un ufficio alle spalle della Chiesa Russa. La settimana scorsa, il presidente Grandaliano è stato ascoltato come persona informata dei fatti e ha avuto modo di spiegare i passaggi di quell’assunzione finita sotto indagine. Diomede – ha chiarito Grandaliano al pm – inizialmente fu assunto da un’azienda privata per il servizio di pulizia e gestione dei bagni pubblici. A scadenza del contratto, nell’ottobre 2013, l’Amiu, con una apposita delibera del Comune che prevedeva una clausola sociale, assorbì tutti i lavoratori di quella ditta. Il servizio venne poi affidato con gara, nel luglio 2014, ad un’altra cooperativa ancora che, sulla base della stessa clausola, dovette assorbire nel proprio organico tutti gli operai. Tra questi anche Diomede che, secondo Grandaliano, l’Amiu avrebbe potuto escludere dall’elenco dei lavoratori. Il pm e la polizia, però, non sono convinti di questa spiegazione: dalle verifiche della polizia sarebbe emerso che Diomede non avrebbe avuto comunque il requisito previsto dell’anzianità di servizio per essere assunto. Questione alla quale Grandaliano avrebbe derogato in virtù di un presunto accordo sindacale di cui, tuttavia, al momento non c’è traccia. Ed è proprio su questo aspetto che si basa l’accusa di falso sulla quale il presidente dell’Amiu sarà chiamato a fare chiarezza domani.
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