La scuola Carlo Del Prete, storico istituto scolastico del quartiere Carrassi, chiude i cancelli. Ad annunciarlo è una maestra, ora in pensione, che ha fatto una lunga battaglia per fermare la chiusura della Del Prete.
“In piena pandemia – scrive su un post facebook – oltre la cortina fumogena della retorica con la lacrima facile a favore dei bambini, si portano a compimento azioni vergognose ai loro danni, alle loro spalle. Nella furia liquidatrice di ogni presidio di cultura e di socialità, sembra davvero arrivato il turno della scuola Carlo Del Prete, gioiello architettonico nel quartiere Carrassi di Bari, in cui è passata la storia della scuola italiana e si sono formate decine di generazioni di baresi.
Il disegno – prosegue – viene da lontano, nel luglio di una decina di anni fa (si sa che i colpi bassi alla scuola avvengono durante il periodo di chiusura) quando docenti e famiglie appresero dalla stampa locale che la scuola avrebbe chiuso i battenti e gli alunni deportati in altro plesso. Ci fu una sollevazione di popolo per ‘la scuola nel cuore di Carrassi’. Maestre, madri, piccoli alunni ed ex alunne e alunni ottuagenari difesero la loro scuola: fu una gioiosa lotta alla quale presero parte artisti, scrittori e qualche amministratore con una sensibilità non annebbiata. Una lotta fiera e dolce, rabbia e torte, denunce e giochi, resistenza e poesia. Avevamo ragione: la ottenemmo. So che qualcuna che legge si sta emozionando.
Ma il progetto non fu accantonato: è andato avanti, in modo strisciante, subdolo.
Chi lo covava ha saputo aspettare, coltivandolo, inspiegabilmente, con la tenacia di un serial killer. Come? Trascurandone la manutenzione, disertandone la cura, disincentivando le iscrizioni, chiudendo, accorpando e spostando classi in altra sede, rinunciando a progetti, riducendo il personale, svalorizzando il lavoro docente e ignorando le esperienze di innovazione, inclusione, sperimentazione didattica. Portone sbarrato e nessuno che rispondesse al telefono. Alla fine pare abbiano vinto, se si può considerare una vittoria sopprimere ciò che ci appartiene. Tagliare il ramo che ci sorregge.
Per questo muore la Carlo Del Prete, non si tiri in mezzo il decremento demografico, che, pur innegabile, ha stranamente e chirurgicamente risparmiato altre scuole dello stesso territorio. D’altra parte, la liberazione di spazi, soprattutto con i problemi sanitari che ci stanno affliggendo, non può che aprire opportunità per i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze del quartiere, della città. Se solo lo si volesse. Ma non è a loro che si pensa nel fare le delibere. Così, oggi le docenti sono state sbrigativamente invitate “fare i cartoni”, invito diligentemente eseguito, con qualche flebile e tardivo mugugno.
In questa storia vi sono molti responsabili: chi aveva il compito di farla vivere e ne ha progressivamente e puntigliosamente tolto il respiro, chi doveva sorvegliare, chiedere conto e ha lasciato fare il lavoro sporco, chi doveva difenderla dall’interno e si è impaurito e impigrito, chi doveva reclamarla per i propri figli ed è stato fuorviato o si è arreso troppo presto, chi ha privilegiato il proprio personale misero tornaconto.
E io stessa che, andando via, non ho gridato più forte. Più forte. C’è qualcuno lì fuori?