Oggi Melissa compie dieci mesi, è stabile, ma tutto potrebbe cambiare da un momento all’altro. A raccontarlo ai nostri microfoni è la mamma della piccola, Rossana, da mesi impegnata in una lotta estenuante utile per offrire a Melissa, affetta da Sma1, un’aspettativa di vita.
Andiamo per gradi. E’ il 26 settembre del 2020 quando i genitori, entrambi di Monopoli, dopo aver consultato diversi medici, scoprono che la loro piccola, allora di soli sette mesi, è affetta dalla malattia degenerativa che, in questo caso particolare, ha colpito la bambina nella sua forma più grave. Il 5 ottobre , il dottore Fabio Cardinale, primario di pediatria dell’Ospedaletto, fa una prima iniezione di un farmaco chiamato Spinraza.
Obiettivo, provare a rallentare il processo degenerativo che causa questa patologia. Quell’iniezione però non basta. Per salvare la vita a Melissa serve un farmaco sperimentale. Ma c’è un problema: Zolgesma, questo il nome del farmaco, in Italia è gratuito fino a sei mesi. Melissa di mesi ne ha sette, per soli 28 giorni non può rientrare nella sperimentazione. L’unica speranza è acquistarlo, ma costa 2milioni e 100mila dollari.
Da quel momento si mette in moto una macchina della solidarietà non indifferente per aiutare i genitori di Melissa. Sono molte infatti le persone, tra cui anche personaggi politici e i lavoratori dell’Amtab, che offrono il proprio supporto ai genitori nella speranza di riuscire a somministrare quel farmaco a Melissa. Ma neanche questo basta, a confermarlo è ancora la mamma della piccola.
“Abbiamo raccolto sugli 860/70mila, manca più della metà della strada da fare – confessa Rossana i nostri microfoni – Il tempo è nostro nemico, si tratta di una malattia imprevedibile. Con questa raccolta fondi cerchiamo di sensibilizzare quante più persone possibili, chissà che con l’anno nuovo si possa raggiungere la cifra e somministrare il farmaco all’estero”.
In Italia, va specificato, il farmaco non può essere somministrato a bambini che abbiano superato il sesto mese di vita, diversamente da come accade negli altri paesi, in cui è possibile somministrarlo fino a 21 chili di peso. “Non riusciamo a capire per quale motivo ci sia questo limite”, ha sottolineato ancora la mamma della piccola.
Ad oggi, da parte delle istituzioni, Regione Puglia compresa, stando a quando racconta ai nostri microfoni Rossana, non è arrivata nessuna risposta. Qualcosa si è mosso, ma non è abbastanza. In particolare, l’appello dei genitori, è rivolto a Nicola Magrini, direttore dell’AIFA. “Dipende tutto da lui – spiega ai nostri microfoni la mamma della piccola – Il ministro Speranza, da quello che sappiamo, ha preso in mano il caso, ma non se ne sta occupando al momento”. Per procedere e sciogliere il nodo dei cavilli burocratici che non permettono di somministrare il farmaco a Melissa, in Italia, mancherebbe solo l’autorizzazione da parte di Magrini.
“Ne abbiamo bisogno oggi, non tra un mese. E’ una malattia che non sai come può evolvere, potrebbe essere troppo tardi tra un mese. Tutto può cambiare nel giro di un’ora – conclude amareggiata la mamma – Siamo arrabbiati, vorremmo offrire a Melissa un’aspettativa di vita, questa è l’unica cosa che conta. Ogni minuto è prezioso per tutti i bambini affetti da Sma, urgono risposte qui in Italia”.