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Bari, l’odissea di una mamma per un tampone al proprio bimbo raffreddato: “Un caos senza fine”

Pubblicato da: Samantha Dell'Edera | Gio, 17 Settembre 2020 - 15:00

La storia che vi raccontiamo ha dell’incredibile, ma il rischio è che a questa denuncia se ne aggiungano decine di altre, con l’apertura delle scuole pubbliche in Puglia. Perché, anche per un raffreddore, i pediatri non potranno certificare l’assenza di contagio da Covid senza il tampone e quindi le richieste alle Asl per effettuare gli esami saranno centinaia e i tempi si allungheranno. Con i bimbi e i loro genitori costretti a restare a casa. E’ proprio quello che sta capitando ad una famiglia barese.

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“Il 5 settembre eravamo in villa da amici sul mare – racconta la mamma –  faceva freddino, il bimbo sudato, perché correva, si toglieva la giacca. Risultato: la domenica mattina si è svegliato raffreddato. Lunedì niente scuola (con il fratellino frequentano un asilo privato) martedì nemmeno. Nel pomeriggio chiamo la pediatra e le spiego che a scuola non lo facevano rientrare senza certificato. La pediatra, che deve seguire le procedure, mi dice che non può certificare nulla senza il tampone. “Ma se il raffreddore sta guarendo potete riportarlo a scuola”.  Mercoledì sempre raffreddato e con tosse appena si mette steso. Giovedì a casa, venerdì mattina mio marito si impunta e riesce a prendere appuntamento dalla pediatra, anche perché sono passati 5 giorni e per un rientro volere o volare ci sarebbe voluto a prescindere un certificato”.

“La pediatra lo visita e riscontra  sintomi simil influenzali. Segue giustamente il protocollo e venerdì mattina ore 10.30 parte la segnalazione alla Asl. Voglio precisare che il bimbo in tutti questi giorni non ha mai avuto un decimo di febbre, ma solo nasino colante i primi 3 giorni. Nel frattempo gli prescrive la cura: antibiotico e aerosol”.

“Il bimbo dopo i primi 2 giorni di antibiotico sta bene – prosegue il racconto –  non tossisce più, non ha più muchi. Arriviamo a martedì. Nessuno ci chiama dalla Asl, così ci attacchiamo noi al telefono. La pediatra chiama tutti i giorni per sapere non come sta il bambino ma per capire come si sta muovendo la Asl. Ci invita eventualmente ad andare anche alle tende del Di Venere spontaneamente. Niente, non succede nulla. Nessuno sa quando ci chiameranno. Dall’URP ieri riceviamo risposta agghiacciante: “La situazione è fuori controllo”.

“L’unica cosa da fare è recarci in un centro privato per fare il tampone a spese nostre, per velocizzare. I laboratori a Bari sono pieni e liste di attesa lunghe, ci consigliano un laboratorio fuori Bari, oggi cerchiamo di prendere appuntamento. Mi dicono che la ASL fa tamponi in base alle priorità. Quindi se ho capito bene: la priorità è fare tampone a chi torna dalle ferie in zone a rischio;  chi ha un “Santo protettore”; un bimbo di 2 anni e mezzo non ha priorità perché non ha avuto febbre, perché non è stato in zone rosse, non ha avuto contatti con persone infette, in famiglia nessuno ha sintomi e stiamo tutti bene”.

“Poco importa che noi genitori siamo in ginocchio. La scuola non accetta il bimbo senza certificato, ed è logico perché manca da tanto. La pediatra non rilascia il certificato di avvenuta guarigione se non ha esito negativo del tampone, la ASL non chiama per fare il tampone. Tra 4 giorni inizia anche la scuola pubblica. Cosa succederà? Io non mi rifiuto di fare il tampone, ma non mi mettono nelle condizioni di farlo – conclude il racconto –  Inoltre ieri sempre al telefono con l’URP hanno detto che hanno ridotto i giorni in cui fanno i tamponi, quindi le liste di attesa si allungano. Le mail da processare con le segnalazioni sono centinaia, anche il sollecito della dottoressa e di mio marito non sortirà alcun effetto.  Non voglio fare terrorismo psicologico, ma se la situazione è questa prevedo il collasso del sistema sanitario nazionale in Puglia in pochi giorni”.

 

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