Un solo pediatra per decine e decine di bimbi malati. Ieri il pronto soccorso del Giovanni XXIII è stato un inferno. A raccontarlo una mamma barese, arrivata per fare visitare la sua piccola di due anni alle 19 e 30 e costretta ad andarsene dopo oltre cinque ore senza alcun controllo.
“Arriviamo alle 19.30 – racconta la mamma – la mia piccola di due anni aveva la febbre a 40 e un forte mal d’orecchio. Arriviamo e c’era una marea di gente con altrettanti bambini e dopo un’ora di attesa arriva il nostro turno per l’accettazione. L’infermiera controlla i parametri alla bambina, le misura la temperatura, le somministra tachipirina e con molta tranquillità mi dice che “bisogna attendere un bel po’ prima di una visita dell’unica pediatra presente”. Sconcertata, torno nella sala d’attesa con il mio numeretto 57 (ed erano al 42) inconsapevole di come si sarebbe evoluta la situazione. Nel frattempo chiacchiero con altre mamme e molte di loro mi dicono di essere lì dalle 16/16.30 e che giustamente tutto ciò non era plausibile. Intanto continuano ad arrivare bambini, barelle, ambulanze e il mio pensiero va a quell’unico pediatra, oltre la vetrata, che avrebbe dovuto gestire il tutto da solo”.
Arrivano le 23 e la situazione comincia a degenerare con bimbi stanchi e malati, molti vomitano, in tanti urlano, tossiscono. “Mia figlia giustamente fa il bisognino nel suo pannolino – continua il racconto – Peccato però che in un ospedale pediatrico manchino i servizi igienici (nel vero senso della parola) adeguati. Un unico e solo bagno alla mercè di tutti ed ovviamente privo di fasciatoio. Decido di non cambiarla. Da lontano osservo i genitori stanchi su quelle sedute fredde e metalliche, vedo anche un papà corso in pigiama, con ai piedi le sneakers ,stringere il suo bimbo pallido al petto, ma anche lui ha il numeretto e chissà quando sarà chiamato. Sono le 00.10 e arriva un’ambulanza con codice rosso. Da quel momento in poi, ovviamente, si interrompe qualsiasi iter per chi è in attesa da secoli perché l’unico pediatra deve giustamente dare precedenza all’urgenza. Arrivano anche dei rianimatori non so da dove. Fine. All’una decidiamo di tornare a casa perché stanchi, maltrattati, spazientiti e con mia figlia in piena crisi di dolore”.
“Ora – conclude – rispetto massimo per l’unico pediatra e tutti gli infermieri e i vigilanti, ma possibile che in un ospedale come questo succeda tutto ciò? Mancano perfino le basi igieniche! In quella stanza, (priva di aspiratori per il ricambio d’aria previste dalle normative nazionali), centinaia e centinaia di virus hanno fatto festa ballando e cantando alla faccia nostra. Ed è normale che dopo 5 ore e mezza una mamma debba ritornarsene a casa con la bambina in queste condizioni”.
La risposta del Policlinico: