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L’intervista. Sabino De Razza, candidato sindaco di Baricittàaperta, si presenta: “Il mio impegno in politica da quando avevo 17 anni”

Pubblicato da: Samantha Dell'Edera | Mar, 21 Maggio 2019 - 14:00

Sabino De Razza ha 59 anni ed è il candidato sindaco della lista “Baricittàaperta”. Il suo impegno in politica inizia da quando aveva 17 anni. E non si è mai fermato.

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Ci racconti un po’ di lei

“Ho 59 anni, non sono coniugato e non ho figli. Attualmente sono disoccupato e mi dedico alle attività sindacali dell’Usb”.

Quando è iniziato il suo impegno in politica?

“A 17 – 18 anni, ho iniziato  quando frequentavo il professionale Santarella. Lì ho cominciato a frequentare i collettivi studenteschi della nuova sinistra, la sinistra rivoluzionaria, e di lì la passione è rimasta costante. Dopo le esperienze studentesche ho fatto il militare e poi ho aderito a Democrazia proletaria, a Rifondazione comunista. Sono stato anche consigliere comunale”.

Cosa le piace della politica?

“Lo studio, l’approfondimento degli argomenti. La politica per me è anche una forma di formazione continua, perché ti costringe a cimentarti con i problemi. Non si può stare a galleggiare in superficie: da questo punto di vista la politica fatta con passione aiuta molto anche nella formazione. Mi spiego meglio: la politica si confronta con la società che cambia e per capirla bisogna studiare”.

A chi ha rivelato per la prima volta di volersi candidare?

“Alla mia compagna del partito, Tonia Guerra, capolista della lista”.

E in famiglia?

“In famiglia tutto sommato sanno che ho sempre fatto attività politica, per loro era quasi scontato che mi candidassi. Molti amici me lo hanno sconsigliato, non perché non hanno fiducia in me, ma perché non credono più nella politica. Insomma, per loro “non cambia mai nulla”. Ma adesso sono i primi che mi stanno sostenendo”.

Qual è il punto del programma a cui tiene particolarmente?

“La questione del riuso degli spazi abbandonati. Ci sono tanti capannoni abbandonati ad esempio nella zona industriale che potrebbero essere affidati a cooperative di giovani, per inventarsi un lavoro. Il lavoro è la principale richiesta delle persone. Più della casa. Anche se anche quella è una emergenza. Ma è il lavoro a fare la differenza: senza un minimo reddito non si può vivere”.

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