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Clima pazzo, in Puglia meno finocchi e cavoli sulle tavole

A rischio anche uva e ciliegie. La denuncia di Gianvito Altieri, del coordinamento Coldiretti secondo il quale l'agricoltura "va ripensata"

Pubblicato da: Francesca Emilio | Sab, 13 Aprile 2024 - 09:01

“Quella dei cambiamenti climatici è una problematica importante che in agricoltura non va sottovalutata. I danni non mancano, ma ci sono molte cose su cui riflettere. Per esempio è importante specificare che non si tratta solo di un problema tecnico, ma anche sociale, va ripensato tutto il sistema dell’agricoltura. Bisogna tornare a una sorta di romanticismo della stessa per valorizzare al meglio le nostre coltivazioni”. A raccontarlo a Borderline24, Gianvito Altieri del coordinamento Coldiretti e titolare dell’azienda Fungo Puglia intervenuto su un tema che molto sta facendo discutere negli ultimi tempi, quello del clima che si abbatte inevitabilmente sulle tavole degli italiani che, anche se non vedono cambiamenti specifici sulle tavole, per via di una logistica sempre più “funzionale”, fanno fatica a trovare alcuni alimenti o si ritrovano a dover pagare prezzi più alti per via della provenienza degli stessi con meno alimenti di origine pugliese sulle tavole.

Si tratta di una problematica, quella del “clima pazzo” che, inevitabilmente, si abbatte prima sui raccolti, poi sulle tavole dei cittadini. Dal maltempo, con grandinate e acquazzoni, al caldo “da estate” in tempo di primavera, all’assenza di pioggia per lunghi periodi, ma anche all’assenza dell’inverno, con un clima che in Puglia si fa sempre più “tropicale” andando così a stravolgere i cicli naturali di un tempo, quelli che permettevano la stagionalità degli alimenti, ma non solo. Tra le problematiche correlate, anche se marginalmente rispetto al tema del clima, spiega Altieri, c’è anche, come già evidenziato, una “logistica che fuorvia i consumatori” in quanto si ritrovano sui banconi frutta, verdura e ortaggi che un tempo, per via della stagionalità, in determinati periodi non erano reperibili.

Nel tacco d’Italia, a soffrire, durante questa stagione, sono state per esempio tutte le verdure di inverno. “Hanno sofferto principalmente – spiega Altieri – quelle a foglia larga, come ad esempio i cavoli verdi, il cavolo bianco, ma anche il cavolo romanesco e soprattutto i finocchi, per cui molti ettari sono andati fresati, senza raccoglierli. Diverso il discorso per le rape. Anche se molti campi sono andati persi è una coltivazione che costa poco, quindi si presta anche ad essere fresata senza raccolta. Per le ciliegie e per l’uva invece è troppo presto per parlare, poiché le prime ciliegie si raccoglieranno tra qualche giorno, intendo quelle vere, non le primissime, che fanno solo le copertine dei giornali. Per l’uva, ci vogliono ancora mesi. Non ci resta che guardare. Ma l’agricoltura va sicuramente ripensata” – ha evidenziato sottolineando che prima, si attendeva fino al punto di “festeggiare” quando arrivava il periodo di un certo alimento, oggi invece, questa attesa non c’è più, ma ci si abitua a costi più alti e anche a “ortaggi e frutta da copertina” pur di averla in tavola.

“Oggi la logistica – spiega ancora – è capace di portare frutta e verdura per il mondo, così si perde l’orientamento delle stagioni, ma anche la magia dell’attesa. Certo, non è per forza negativo come concetto: per esempio per l’uva è presto, ma in questi giorni è arrivata dell’uva indiana, così l’avremo comunque sulle nostre tavole, ma il problema sta alla radice: prima c’era la felicità di scoprire la primizia oggi invece questo è scomparso nei sistemi di conservazione e nella logistica avanzata. Un problema che si connette direttamente anche al modo di fare agricoltura che è cambiato e vede oggi molti agricoltori non adattarsi al clima e all’ambiente” – ha evidenziato focalizzandosi poi sul tema del cambiamento climatico.

“Oggi, mi spiego meglio – prosegue – alcuni alberi hanno subito quello che si chiama sbandieramento in termine tecnico. Ci sono su alberi frutti, fiori e gemme. L’albero è confuso da questo continuo cambiamento e non riesce a trovare il suo equilibrio, la sua uniformità. Questo è pericolosissimo perché quando andremo a raccogliere, raccoglieremo meno di quanto ci aspettiamo. L’agricoltura è fatta di esperienza, prima si usava il calendario dei santi del momento. Oggi questo è completamente fuori gioco, perché il clima è cambiato. Abbiamo avuto un marzo più caldo di sempre e ogni anno peggiora, ma abbiamo la fortuna di vivere in un territorio vasto climaticamente, dunque, al posto di investire in sistemi che portano quasi a preferire la plasticità di una verdura, un frutto o un ortaggio, basterebbe scegliere di coltivare magari più su, sulle colline, per recuperare temperature che non offrono possibilità ad alcuni alimenti” – ha evidenziato.

Secondo Altieri, dunque, il problema del cambiamento climatico potrebbe essere “risolto” non solo facendo piccoli passi verso azioni concrete per il miglioramento della situazione attuale, ma anche ritornando al pensiero di “agricoltura transumante”. “Andrebbero ricercate – ha detto ancora – temperature in base alle altitudini. Oggi c’è il dramma degli impianti, molti non si possono spostare. C’è poi grande rischio nel fare investimenti in agricoltura perché in 10 anni il clima può nuovamente cambiare. Per esempio non abbiamo avuto inverno quest’anno. Questo, su determinate piante, creerà problemi non indifferenti. Non c’è una soluzione chimica per migliorare il freddo mancato. Urge dunque riflettere e fare azioni verso il cambiamento nel piccolo, ma anche scegliere di coltivare in maniera diversa, adattandoci a questo mondo che cambia costantemente. La problematica non è solo tecnica o agronomica, è sociale. Dobbiamo accettare di cambiare e dobbiamo indurre i consumatori a non ricercare la bellezza estetica e la perfezione, ovvero la plasticità degli alimenti. Le richieste sono diventate inverosimili, a volte chiedono vaschette di 200 grammi di funghi con solo 3 o 4 funghi. Con questo sistema capitalistico ci allontaniamo dall’attesa e dal piacere di scandire i periodi dell’anno, pur avendo un clima diverso. Bisogna dare più valore ad alcune cose, come ad esempio all’acqua o alla bellezza di aspettare che sia il periodo giusto per gustare un certo alimento. Bisogna educare al consumo consapevole e tornare a una sorta di romanticismo dell’agricoltura partendo dai piccoli, ma anche da noi adulti” – ha concluso.

Foto Freepik

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